Quando nell’aprile del 2018 proposi ad Andrea Orlando e ad altri amici di chiamare “TES – Transizione Ecologica Solidale” una nuova associazione che potesse aiutare ad accelerare sulle politiche green, la formula in Italia non era usata e trasmetteva un vago sapore burocratico.
Ma in Francia il “Ministère de la Transition écologique et solidaire” era così chiamato già da tempo ed era guidato dal combattivo Nicolas Hulot (oggi al suo posto c’è Barbara Pompili). Avevo anche chiesto conforto a Edo Ronchi e approfondito le differenze tra l’idea più diffusa di sviluppo sostenibile e quella più rara di transizione ecologica. Al di là di alcune dispute terminologiche mi sembrava che fossero complementari, entrambe figlie dello stesso fondamentale rapporto Brundtland del 1987 pubblicato dalla “Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo” che introdusse proprio «la transizione verso lo sviluppo sostenibile».
Con la pandemia e con la nuova Europa finalmente solidale nata dal Next Generation EU si è cominciato a parlare di più di transizione ecologica perché uno dei paletti del Recovery. Ma ricordo che ancora il 23 settembre del 2020, nella trasmissione condotta da Lilli Gruber “Otto e mezzo”, il grande scrittore Antonio Scurati rimproverava (approvato subito da Massimo Giannini de La Stampa) lo stesso Andrea Orlando dicendogli: “Transizione ecologica, non si capisce che cosa sia”. La richiesta era far capire meglio che bisogna prendere a cuore le sorti del pianeta. Orlando in replica chiedeva proprio se si potesse andare avanti con un assetto di governo in cui il Ministero dello Sviluppo economico e quello dell’Ambiente avessero strade distinte e a volte contrapposte.
Ieri, al termine delle consultazioni tra il presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi e le associazioni ambientaliste la presidente del WWF Donatella Bianchi ha anticipato l’annuncio della nascita di un Ministero della Transizione Ecologica. Una dichiarazione che segue di poche ore quella di Beppe Grillo, che ne chiedeva l’istituzione. Si tratta, se sarà confermata, di un’ottima notizia. Ma la proposta è aggiungere la parola “Solidale”. Esattamente come in Francia, visto che si è preso esplicitamente quel modello.
Tre anni fa noi fummo mossi dall’urgenza di mettere al centro del dibattito con più decisione la necessità di impostare un nuovo modello di sviluppo che coniugasse la sostenibilità ambientale con la coesione sociale. Acclarata la profonda inadeguatezza di una crescita che, come testimoniano i terribili effetti dei cambiamenti climatici, da tempo metteva a rischio la stessa sopravvivenza dell’essere umano, ci mettemmo al lavoro per evidenziare tutte le azioni e gli strumenti necessari per un cambio di rotta che riuscisse anche nell’intento di salvaguardare le fasce più vulnerabili della popolazione.
Il rischio, allora ben mostrato dalle rivolte dei cosiddetti gilet gialli in Francia, è che provvedimenti improvvisi e traumatici finissero per gravare sulle spalle dei meno protetti. Anche in Italia abbiamo visto le contraddizioni emerse con la tassa sulla plastica. Per questo la transizione va accompagnata, rendendo le lavoratrici e i lavoratori protagonisti di un nuovo modello di sviluppo, non vittime.
Ovviamente già molto è accaduto: l’Unione europea ha impostato il suo Green Deal e una pandemia ha mostrato i tragici effetti degli squilibri ecologici. Quel Green Deal ne è uscito rafforzato nell’approccio e nelle risorse a disposizione, tanto che la voce sostenibilità è diventata un pilastro del piano complessivo di rilancio nella fase post – pandemica.
Dal punto di vista della politica italiana, già la nascita del governo giallorosso poteva avere, e in parte ha avuto, nel tema ambientale (lo scrivevo su queste pagine nell’agosto del 2019) un possibile punto di incontro avanzato per la nascita di un’alleanza programmatica tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle.
Quella proposta e quell’auspicio restano evidentemente in campo per il proseguimento del dialogo tra le due forze, a cui va naturalmente aggiunta Leu ed altri soggetti politici ma anche forze economiche, sociali, associative e civiche che si misurano su questo terreno con grande capacità e lungimiranza. Con buona pace di Salvini che, nonostante la folgorazione sulla via di Damasco, ancora una settimana fa poneva come suo paletto programmatico per il governo “la libertà di scavare”.
La nascita di un Ministero della Transizione Ecologica e (speriamo) Solidale può segnare un’evidente maturazione di questo percorso che intreccia i temi globali a quelli politici nazionali e territoriali. La strada appare segnata: spetta adesso a quel mondo sempre più vasto che si riconosce nella parola d’ordine della transizione equa e sostenibile vigilare e lavorare perché gli intenti e gli strumenti, a cominciare dal Ministero, contino e siano realmente efficaci nel raggiungimento degli obiettivi.
Sul piano politico, quell’auspicio espresso nell’agosto di due anni fa oggi assume una valenza, un significato, una riserva di opportunità ulteriori. La mole delle risorse che il Piano di ripresa e resilienza mette a disposizione costituiscono un’occasione irripetibile perché tutto questo accada.
Michele Fina
(da Huffington Post)
Commenti recenti