Di Fabrizio Vigni
Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile
Se c’è un paese, in Europa e nel mondo, che avrebbe tutto da guadagnare dalla transizione ad una economia circolare è l’Italia. Secondo paese manifatturiero in Europa, siamo tra i paesi più dipendenti dall’estero nell’approvvigionamento di materie prime ma anche, al tempo stesso, tra quelli con maggiori potenzialità nello scenario dell’economia circolare. L’Italia infatti – anche perchè che la nostra economia italiana, povera di materie prime, ha dovuto e saputo imparare nel tempo a “fare di più e meglio con meno”, facendo di necessità virtù – è già oggi tra i paesi che mostrano le migliori performance in termini di efficienza nell’uso delle risorse, di tasso di circolarità, di riciclo dei rifiuti.
Avremmo dunque tutto l’interesse a camminare speditamente in questa direzione. Ma non sempre sembra esserci sufficiente consapevolezza dell’importanza di questa sfida. E non sempre, soprattutto, le normative e le politiche pubbliche che dovrebbero sostenere e facilitare la transizione ad una circular economy vanno nella direzione giusta. Lo dimostra la questione travagliata e ancora irrisolta della normativa sull’end of waste, chiamata a stabilire quando un rifiuto cessa di essere tale e attraverso processi di recupero diventa un prodotto. Si tratta, come è facilmente comprensibile, di una questione cruciale per il settore del riciclo e per lo sviluppo di un’economia circolare.
Da tempo si attende una soluzione del problema che si è creato dopo la sentenza del Consiglio di Stato del febbraio 2018, secondo la quale le Regioni non possono dare autorizzazioni “caso per caso” fino a quando il Ministero dell’ambiente o l’Unione Europea non abbiano adottato specifici regolamenti o decreti contenenti i criteri). Si è prodotta una situazione di paralisi nel rilascio di nuove autorizzazioni, mettendo a rischio anche quelle già esistenti e in scadenza. Così esperienze imprenditoriali e tecnologiche di assoluta eccellenza – tra i casi più sono noti vi sono quelli del riciclo dei pannolini e della produzione di granulato da pneumatici fuori uso – sono di fatto bloccate. E molti materiali che potrebbero prendere la via del recupero finiscono invece come rifiuti in discarica o negli inceneritori. Esattamente il contrario rispetto ai princìpi dell’economia circolare.
E’ una situazione sempre più insostenibile e per certi versi paradossale. Tanto più che nel frattempo, con l’emanazione della nuova direttiva quadro europea che contiene i criteri regolatori su tale materia, la soluzione potrebbe essere a portata di mano. Cosa è invece successo? E’ successo che l’emendamento sull’end of waste che il Governo intendeva inserire nella legge di bilancio, anziché sbloccare la situazione e semplificare le procedure, avrebbe prodotto effetti ancora più negativi e paralizzanti. Duramente contestato sia dal mondo delle industrie del riciclo che da importanti associazioni ambientaliste, l’emendamento è stato alla fine ritirato.
Tirato un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, resta ora la necessità di trovare con urgenza una soluzione, auspicabilmente già attraverso una norma da inserire nel decreto legge “semplificazioni” all’esame del Parlamento. La soluzione migliore sarebbe quella di anticipare il recepimento di quanto previsto dalla nuova direttiva europea sulla cessazione della qualifica di rifiuto, facendo salve la autorizzazioni vigenti e consentendo sia il loro rinnovo che il rilascio da parte delle Regioni di nuove autorizzazioni “caso per caso” sulla base dei criteri generali indicati dalla direttiva.
Una vicenda, questa dell’end of waste, che ci ricorda come il nostro paese, nella transizione all’economia circolare, abbia non solo potenzialità ma anche molte criticità da risolvere e ostacoli da superare. E ci ricorda, soprattutto, che non basta l’impegno delle imprese e del mondo dell’economia. C’è bisogno anche di politiche pubbliche. Di un sistema normativo stabile, chiaro e coerente. E di politiche economiche, industriali e fiscali orientate allo sviluppo dell’economia circolare. In altre parole: di una coerente ed efficace strategia nazionale.
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